Un articolo del 1972 di Natalia Ginzburg, Senza fate e senza maghi, è il mio manifesto per la letteratura per ragazzi – e non solo.
Innanzitutto, contro il giorno in cui ci hanno detto che il lupo cattivo non esiste e raccontarlo ai bambini è sbagliato.
“La morale dell’Uccellino Tic Tac è che bisogna dar da mangiare ai lupi perché così diventano buoni. Non è vero. Chi l’ha scritto ha pensato che è bene demistificare agli occhi dei bambini l’idea del lupo. Però i lupi esistono. Si possono sfamare quanto si vuole, restano lupi e usano sempre mangiare gli uomini. Oltre ai lupi, esistono persone che assomigliano ai lupi e il mondo ne è pieno. Non vedo quale vantaggio abbiano i bambini a pensare che i lupi diventano miti se gli si dà da mangiare. Non vedo nemmeno quale vantaggio abbiano i bambini a non aver più paura dei lupi. È un errore credere che la paura sia un male. La paura, è necessario soffrirla e imparare a sopportarla.”
Poi perché spiega perfettamente il mio sconcerto quando incontro adulti (insegnanti, genitori, librai) che mi dicono che un libro o una fiaba è “difficile”. Siamo all’assurdo: nelle scuole danno da leggere i classici di Geronimo Stilton perché gli originali sarebbero ardui, e non sto parlando dei Miserabili all’asilo ma di Piccole donne in seconda media (io l’ho letto a otto anni). Non solo. Le regole per chi scrive per i bambini si irrigidiscono ogni giorno di più, creando un mondo ovattato e impoverito in cui non augurerei a nessuno di abitare.
“Le ragioni per cui oggi scrivere per bambini è così difficile sono infinite, ma una certo è che è nata in noi l’idea che ai bambini tutto può far male. La fantasia ci atterrisce perché è avventurosa, imprevedibile e forte. Noi ne abbiamo poca, e per giunta l’adoperiamo con mani parsimoniose e schifiltose. Quando si scrivono o si stampano libri per bambini, per prima cosa si sbarrano porte e finestre. No alle storie di dolore perché il dolore fa male. No alle storie di miseria perché sono patetiche. No alle lagrime. No alla commozione. No alla crudeltà. No ai cattivi, perché non bisogna che i bambini conoscano la cattiveria. No ai buoni perché la bontà è sentimentale. No al sangue perché fa impressione. No ai castelli lussuosissimi perché sono evasione. No alle fate perché non esistono. I bambini sono fragili e perciò li nutriremo con vivande lavate e disinfettate. Li educheremo alla concretezza, avendo isolato nella concretezza ciò che non manda né bagliori né lampi. Li nutriremo con sabbia, accuratamente filtrata e senza batteri.”
E Barbablù no perché c’è il femminicidio, e Pelle d’asino no perché c’è l’incesto. Se sapessero, i grandi, quanto i bambini hanno bisogno della paura nelle fiabe. I grandi hanno paura della paura. I bambini e Calvino no.
“Nelle Fiabe Italiane di Calvino, a cui non mi stanco di richiamarmi, ci sono teste tagliate, cadaveri, briganti, ladri, orchi, crudeltà e orrori. I bambini ne sono deliziati. Questo perché le vere e belle fiabe sono in primo luogo inoffensive. Esse sono situate nell’unico luogo dell’universo dove non esiste offesa, cioè nei regni della vita fantastica. Quando mettono paura, è la paura salubre e liberatrice della fantasia, paura di cui lo spirito ha desiderio e alla quale si protende come a una fiamma che lo riscaldi. Della vita fantastica, i bambini hanno fame e sete (…). Nei regni della vita fantastica, anche le immagini più crudeli generano felicità. Si sa bene che la felicità è fatta anche di spavento e di angoscia. Sopprimere lo spavento e l’angoscia significa sopprimere anche la felicità”.
Il ’68 era vicino e la povera Ginzburg doveva averne viste parecchie. Quel che dice sulle inibizioni vale anche per la letteratura per adulti. Ma anche proprio per gli adulti in generale.
“Auguriamoci pure che le nuove generazioni siano costituite da individui liberi. Però non ne sappiamo proprio nulla. Inoltre non sappiamo se sia un bene crescere senza inibizioni. Forse fra poco si scoprirà che le inibizioni, di cui l’uomo oggi si fa gloria di essersi sbarazzato, le inibizioni e le lotte dei singoli per superarle o vivere con esse, erano il pane e il sale dello spirito”.
p.s. L’articolo si trova, insieme a molte altre perle, in Vita immaginaria, ovviamente fuori catalogo. Per questo motivo quest’articolo va anche nella “questua“.
p.s. 2, a parziale correzione: Vita immaginaria si trova comunque nel Meridiano della Ginzburg.